Mappa storica riviera del brenta

Appunti sulla storia urbanistica di Fiesso d’Artico

Lasciamo da parte un’epoca – il secondo dopoguerra – in cui si sono determinate alcune caratteristiche essenziali dello sviluppo futuro di Fiesso d’Artico:

  • a. l’assenza, che perdura tutt’ora, di una pianificazione a scala almeno comprensoriale;
  • b. la disseminazione ampiamente casuale di attività produttive;
  • c. l’organizzazione dell’abitato sull’asse della Brentana e delle strade ad essa ortogonali, Baldana, Botte e Zuina.

Partiamo dagli anni Settanta, in cui si precisano alcune scelte, che troveranno applicazione nei decenni successivi:

  • a. ipotesi di sviluppo residenziale in pratica senza limiti (a memoria: ho sentito parlare di 12.000 abitanti!)
  • b. lavoro su alcuni servizi essenziali (risalgono a quell’epoca le ultime grandi opere pubbliche realizzate: scuole, cimitero, impianti sportivi…, ma anche dotazioni che erano allora all’avanguardia, come la biblioteca)
  • c. nuovo atteggiamento nei riguardi della residenza (è l’epoca del quartiere XXV Aprile, realizzato da una cooperativa edilizia, credo in diritto di superficie, ma è da verificare);
  • d. tentativo di arrivare a una gestione coordinata pubblico-privato, sulla base della quale ottenere dei vantaggi per il pubblico (lottizzazione di via della Libertà)
  • e. organizzazione di un’area artigianale – quella attuale – che andasse a rimediare alla presenza disseminata delle attività produttive

Si tratta, come si vede, di un genere di urbanistica allora alla moda, che trova riscontro un po’ in tutto il Veneto e non solo. I risultati, altalenanti, non sono in genere disprezzabili; l’elemento positivo è che si è posto con chiarezza il problema della pianificazione, per non disperdere risorse e armonizzare lo sviluppo con la vivibilità.

Negli anni Novanta si arriva a definire un piano regolatore, che è stato realizzato in parte, prevalentemente nella residenzialità.

  • a. è stata organizzata l’urbanizzazione di alcune aree, in modo particolare di quella in fondo a via Pampagnina
  • b. si è scelta la strada di intervenire non attraverso una generica destinazione a edificabilità dei suoli, bensì con la determinazione di aree (“piani-norma”) soggetti a una pianificazione unitaria e non disperdibili, in modo da creare la premesse per una razionalizzazione dei servizi e dei sottoservizi
  • c. si è scelto, in linea di massima, un indice di edificabilità piuttosto basso (indicativamente 1 mc per mq) che permettesse, pur accorpando le unità residenziali in gruppi relativamente numerosi, di ottenere intorno ampi spazi verdi e destinati a servizi
  • d. la viabilità di piano è stata in sostanza progettata ed eseguita in conformità, con esiti senz’altro positivi, per quanto in aree limitate e bloccate verso l’accesso alla Brentana e ad altre zone dell’abitato
  • e. come ricaduta a vantaggio pubblico di queste operazioni, oltre agli introiti dovuti ad oneri o – è il caso di quanto si sta spendendo in questi mesi, derivante da una fideiussione per un intervento poi, se ricordo bene, non concluso, fra via Pampagnina e via della Libertà – sostitutivi di oneri, si sono realizzati spazi verdi, spazi di verde e parcheggi privati ma a uso pubblico ecc.
  • f. si lanciavano le basi per un intervento noto come “Città della Moda”, che avrebbe dovuto fornire un centro operativo e di rappresentanza all’industria calzaturiera brentana e allo sviluppo dell’attività turistica. Intervento delicato, su un’area difficile come la riva nord della Brenta, giustificato dalla situazione economica di allora che richiedeva, si immaginava, uno spazio del genere.

Il risultato finale, anche questo in linea con quando si faceva all’epoca e non con gli interventi peggiori, può piacere o non piacere ma ha prodotto un quartiere residenziale-periferico in cui mancano alcune cose, come per esempio dei servizi commerciali, però nella sostanza vivibile. Lo dimostra il fatto che anche di recente molti si trasferiscono in quell’area anche da paesi vicini.

Negli anni Duemila molte sensibilità sono cambiate; ci si è perciò accorti che alcuni aspetti dovevano essere rivisti. In attesa di affrontare la materia in modo organico col PATI da realizzare con il Comune di Dolo, si sono attuati alcuni interventi:

  • a. adozione del piano idraulico, che ha avuto anche ricadute urbanistiche, disciplinando il modo in cui si devono governare le acque per evitare inondazioni e ponendo termine alla tombinatura “selvaggia” dei fossi
  • b. adozione di alcuni provvedimenti regolamentari:
  • – computo degli interrati nel volume edificato, per evitare spazi sotterranei facili all’inondazione
  • – riordino della materia relativa ai sottotetti, in cui si erano notati comportamenti a dir poco disinvolti da parte di professionisti e committenti
  • – obbligo di avere almeno due spazi macchina per ogni unità abitativa
  • c. redazione di un piano del traffico, sostanzialmente pronto nel 2011, ma poi non adottato dall’amministrazione Martellato; l’idea era che occorresse ricucire i molti interventi, non sempre consonanti, che si erano consolidati nei decenni precedenti, per costruire una viabilità interna percorribile, sicura, progettata per futuri sviluppi
  • d. avvio dello studio del PATI, con l’idea di fondo che non avesse senso proporre ulteriori insediamenti, dal momento che già molti di quelli previsti in PRG non avevano avuto seguito.

Molto spazio alla discussione di allora è stato dedicato alla “Città della Moda”, che si era venuta precisando come un intervento complesso, di cui però il centro restava l’attenzione al mondo della calzatura. Non si è arrivati a una conclusione per molti fattori, di cui uno fra i più importanti fu proprio l’atteggiamento del mondo calzaturiero: le aziende, singole od organizzate, si sono sempre tenute assai lontane da un impegno concreto nonostante il progetto riguardasse soprattutto la loro attività. Ciò ha probabilmente messo in dubbio la stessa realizzabilità del progetto, così come era stato concepito a suo tempo.

Gli ultimi dieci anni sono stati caratterizzati da un arretramento su tutti questi fronti:

  • a. il PATI non ha segnato alcun ripensamento visibile sul piano del consumo di suolo; non solo, sembra che addirittura siano stati aggiunti terreni edificabili;
  • b. è scomparso ogni criterio di programmazione; quel che si realizza, lo vediamo in questi mesi, sono interventi singoli spesso del tutto impropri, al di fuori di ogni logica relativa a viabilità, servizi, parcheggi, ecc. Stanno sorgendo edifici ad altezze cospicue, specie se commisurate a quelle delle abitazioni vicine, alle quali sono avvicinati in maniera persino innaturale. Ciò dipende dallo sfruttamento della L.R. 14/2009 (Piano casa) prorogata per una decina d’anni, che ha comportato l’applicazione di indici di edificabilità fino a poco tempo fa impensati – anche 3 o 3.5. Si tratta di una legge regionale che ha fornito degli indirizzi che ciascuna Amministrazione poteva declinare in sede locale, attuando o meno le linee di indirizzo ricevute. Se guardiamo bene, a Fiesso non si tratta di casi isolati e varrebbe forse la pena identificarli e ricostruirne per ciascuno la storia.
  • c. non si è più parlato di un piano del traffico, e infatti gli interventi che si sono visti appaiono casuali e inseriti in un contesto che non ha mai posto in primo piano altro se non i punti di vista dei privati.
  • d. un limite alle ansie edificatorie, oltre al mercato, l’ha posto soltanto qualche provvedimento regionale, che tuttavia ha lasciato spazio per le agitazioni edilizie presenti nel territorio.
  • e. per quanto riguarda la “Città della Moda”, nonostante sia tutto ancora in discussione, il Comune si è limitato a una generica estensione temporale della vecchia concessione edilizia senza rinegoziare alcunché; non vi è stato, almeno pubblicamente, alcun tentativo di affrontare la questione, inquadrandola nella mutata situazione di Fiesso e della Brenta.

In conclusione:

  • a. mentre, a volerlo fare, è abbastanza agevole capire quali fossero gli obiettivi delle programmazioni passate e quindi verificare se e come siano stati raggiunti, questo non è possibile per l’amministrazione Martellato/Cominato. Ce lo potrebbe dire, anche a posteriori, quali fossero i suoi progetti? a partire, per un dato centrale, dalla popolazione: a quanto si deve fermare Fiesso? Diecimila, dodicimila, quindicimila? o forse non vogliamo porre limiti alla Provvidenza?
  • b. poiché popolazione vuol dire necessità di servizi, quali sono le dotazioni che si ritengono necessarie? dove si debbono ubicare quelle che hanno bisogno di edifici appositi? quali priorità si intendono perseguire? quali fonti di finanziamento si pensa di attivare?
  • c. c’è qualche idea su come ridare ordine alla situazione viaria interna invero confusa, che negli ultimi dieci anni è indubbiamente peggiorata, anche per eventi fortuiti come l’inagibilità del ponte di via Torre?
  • d. davvero, come periodicamente si legge sui giornali, si intende affrontare il problema del traffico pesante e di attraversamento sulla Regionale 11?
  • e. ci sono dei progetti relativamente al riuso di insediamenti industriali fuori dell’area deputata? o si pensa di continuare a ripensarli come tali? risolvendo come i problemi relativi, ad esempio quegli ambientali e quelli relativi al traffico merci?
  • f. cosa si intende davvero fare della “Città della Moda”?

In sintesi: a Fiesso d’Artico c’è bisogno di programmazione, di concretezza, di trasparenza. Cioè di tutte quelle cose che sono mancate negli ultimi dieci anni.